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1080 gennaio 13 (indict. III)

Anno ab incarnatione Domini nostri Jesu Christi millesimo octuagesimo, tertio decimo die mensis januarii, indictione tercia, monasterio sancti Petri qui dicitur de Clunico, Ego Albertus, filius quondam Ariprandi, qui fuit de loco Prezzate, qui professus sum ex natione mea lege vivere Longobardorum offertor et donator ipsius monasterio, Apostolus dixit: Quisquis in sanctis ac venerabilibus locis ex suis aliquid contulerit rebus, juxta Auctoris vocem, in hoc saeculo centuplum accipiet insuper, quod melius est, vitam eternam possidebit. Ideo ego qui sum Albertus, dono et offero pro animae meae et Theipergae et Jsengarde seu Johanni mercedem: hoc est pecia una de terra in qua hedificium est inceptum ad monasterium faciendum, in honorem sancti Egidii et omnia quae ad ipso monasterio pertinent juris mei, quam habere visus sum in loco monte qui dicitur Verges; et jacet allocus qui dicitur Fontanella. Simulque per hanc cartam offersionis dono ego qui sum Albertus, in eodem monasterio santi Egidii, sive cum omnibus rebus ad se pertinentibus, una cum finibus, terminibus, accessionibus et usibus aquarum aquarumque deductibus, cum omni jure, adjacentiis et pertinentiis eorum, districtis et condiciis, omnia in omnibus. Quae autem istis rebus omnibus juris mei supradictis, una cum accessionibus et ingressibus eorum, qualiter superius decernitur in omnibus, ab hoc die in eodem monasterio sancti Petri dono et offero et per presentem cartam offertionis ibidem habendum confirmo, faciendum evinde a presenti die a parte ipsius monasterii, aut cui pars monasterio dederit jure proprietario nomine quidquid volueritis, sine omni mea et heredum meorum contradictione. Quidem et spondeo atque promitto me ego qui sum Albertus, una com meis heredibus, a parte ipsius monasterii santi Petri aut cui pars ispsius monasterio dederit istis rebus omnibus qualiter super legitur in omnibus, ab omni homine defensare; quod si defendere non potuerimus, aut si a parte ipsius monasterio exinde aliquid, per quovis ingenium, subtrahere quesierimus, tunc in duplum eadem offersio, ut supradictis rebus omnibus a parte ipsius monasterio restituamus sicut pro tempore fuerint melioratis aut valuerint sub estimatione in consimilibus locis. Hanc enim cartam offersionis pagine Einrici, notari sacri palatii, tradidi et scribere rogavi, in qua subter confirmans, testibusque obtuli roborandum. Actum foris civitate Laude, infra monasterio sancti Marci feliciter,

+ Signum manus istius Alberti, qui hanc carta offersionis fieri rogavit, ut supra.
+ Signum manuum Anselmi er Enrici, seu Johanni testium.
SN Ego Erlembaldus, notario sacri palatii, scriptor huius carte offersionis post traditamm complevi et dedi.

[Retro: Ista debent ire Cluniaco]
Originale alla Biblioteca nazionale di Parigi, segnato: co.32-249, C. 83.

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La pietra della fondazione della casa di Emmaus

Priorato di Sant'Egidio in Fontanella

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Anno ab incarnatione Domini nostri Jesu Christi millesimo octuagesimo [...] monasterio sancti Petri qui dicitur de Clunico


Antiche forme per un monachesimo sempre nuovo

Il monaco è davvero tale (in continuo e crescente divenire) se in lui va progressivamente formandosi e armonizzandosi, fino alla perfetta unità interiore, la coscienza del suo essere umano fra gli umani, della sua creaturalità ispirata e forgiata dall'energia creatrice divina. Per questo egli rende costantemente pura la propria coscienza, disciplinando le conviventi contraddizioni; sapientemente individua e sceglie le forme espressive del suo essere nel mondo ma non del mondo; con attenzione, delicatezza, eleganza e sobrietà elabora le forme e le strutture della relazione con il divino trascendente e il terrestre soggiacente, abitando con responsabilità e sapienza lo spazio comune dell'uomo storico.

Il monaco è sempre più manifestamente tale se con la sua presenza itinerante sull'amata terra si fa persona attenta alla libertà che scaturisce dalla verità che sempre cerca. Essa gli si compone dentro, a poco a poco, ineffabile e discreta, ma dirompente e indomabile, fino all'ebbrezza. Il suo occhio, illuminato dall'interiorità attinta all'Essere divino, vede l'esistente con semplicità e rispetto; legge i segni dell'eterna Presenza dentro i limiti dell'effimero e con gioiosa pietà dona quotidianamente le sue risorse alla manifestazione della gloria dei figli di Dio. La sua immagine conduttrice è il Cristo, figlio di Dio e figlio dell'uomo: a lui si assimila, facendosi discepolo della parola evangelica, cui obbedisce come umile servo.

Il monaco potrà apparire "passivo", specie allo sguardo disattento od efficientistico, talora perfino estraniato rispetto al coinvolgente richiamo dell'attualità; la sua determinante condizione di "essere in ascolto" lo fa invece laboriosa sintesi di visibile e invisibile, di passeggero ed eterno. E questa egli offre, come resistente liberazione, al mondo perché ne goda e migliori la propria esperienza, assapori e affini il gusto di quella spiritualità che rende la creazione "perfetta", secondo la sua vocazione o il disegno creativo che la abita. Egli è come la terra, sulla quale vive e lavora: sembra essere inerte, in stato di radicale passività (arata, rivoltata, spianata, irrigata, seminata); eppure nelle sue viscere un universo di vite si scompone e si unisce per offrire forme attese e sorprendenti, ma credute e sperate, di nuove infiorescenze e vegetazioni.

L'uomo che scopre in sé la spinta alla vita monastica si lascia sedurre da un flusso originale e perenne, che intatto scorre dalla divina sorgente verso la vita, s'incarna e diviene storia. Tutto in lui e per lui è sostanziale e insieme relativo: ciò che concepisce con la fantasia, intesse con l'intelligenza e l'amore, e costruisce con l'attività; ciò che elabora con i linguaggi della necessaria comunicazione dev'essere forma materiale e sensibile dell'unica bellezza increata. Egli vaglia, discerne e disciplina perché tutto possa manifestare l'armonia dell'immutabile principio. Per questo soffre e geme con la creazione che invoca e attende la sua totale liberazione.

Il suo "giudizio" sopra gli eventi e le cose può apparire talora tremendamente selettivo; ma la sua presenza rimane seducente, come la stessa "buona novella", discorso duro da sostenere ma sostanziale come il pane. Essa infatti è il sole splendente sopra i giusti e sopra gli ingiusti; rugiada che ricopre la terra e non torna al cielo, donde è venuta, senza aver provocato i frutti per cui viene inviata: beati coloro che l'avranno accolta e messa in pratica!

Tu, dunque, attratto dall'antica bellezza di queste forme, sosta un istante in silenzio e ascolta ciò che le parole non dicono, ma le pietre custodiscono con nostalgia e pace.

Apprendi a conoscere l'esistenza di vite invisibili e silenti che popolano il luogo: canto, preghiera, contemplazione avvolgono, incantano l'anima, rendono leggera l'aria. Il monaco si accosta, fa compagnia; non più un essere strano appare allo sguardo che ora ti si fa sottile: sì, egli è semplice, creatura umana che aderisce quotidianamente alla Scrittura, siede a mensa, dorme e veglia, custodisce la parola e il silenzio per aiutarti a credere, a sperare, a buttare il cuore oltre le cose, a non temere il futuro, ad allargare la mente all'infinito fino a dialogare con la contraddizione, con il nulla.

Vive perché ha creato questi luoghi di armonia dove trovi quiete; e la sua presenza leggera ti muove a sentimenti "diversi", così che tu possa vedere come il Cielo non ti rapisca o ti renda estraneo a te stesso e alla storia, perché ha deciso di aprirsi e di calare sulla terra, resa dimora salutare all'uomo.

La realtà si fa totale: Dio, uomo, cosmo sono un tutto dentro di te e ti appassiona; non c'è più nulla di estraneo e ti senti trasfigurato. Non è impossibile. Vedi: anche le pietre e le studiate architetture assumono configurazioni impossibili alla loro capacità, esse obbediscono alla magia degli accostamenti e degli intrecci, della luce che fascia ed esalta la povera, forse addirittura banale, materialità.

E dunque, mentre ti accosti a queste antiche forme costruttive prodotte dal monachesimo e ne sei affascinato, lasciati sedurre da ciò che ha ispirato e continua a sostenere l'avventura nel mondo di uomini solitari, ascoltatori perenni dell'ineffabile, attenti visitatori del trascendente, servi incondizionati dell'incarnazione della Parola creatrice.

L'architettura, le forme che ammiri non sono artificioso e artificiale ambiente costruito e arredato per perpetuare un passato remoto o per garantire privilegiate condizioni alla sopravvivenza di rare e incomprensibili o estraniate specie d'esistenza. I monaci lottano, e aspramente talora, contro ogni modalità di egoismo e di isolamento sterile: essi trovano, nell'incanto di queste antiche pietre e nel silenzio popolato di innumerevoli presenze di questo luogo, un richiamo forte e un sostegno efficace per gridare a Dio e cantare all'uomo la sete ardente di vita, la fame insaziabile di giustizia, l'incontenibile desiderio di libertà.

E tutte le aspirazioni dell'uomo, che essi raccolgono e interpretano, verticalmente innalzano a Colui che solo dà pace, che "le attese appaga dei suoi devoti e li salva", "su sentieri diritti li guida" per l'amore fedele del suo nome.